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17 maggio 2005

Marta


Marta aspettava ancora, aspettava sempre, sembrava nata per aspettare.


Così dolce, così sensibile, così bisognosa d’amore, rifiutava di dare un taglio drammatico alle storie che si affacciavano nella sua vita.
Eppure sapeva con certezza che gli uomini la ingannavano, li osservava con attenzione, raramente reagiva mettendoli con le spalle al muro; provava quasi  piacere a far credere che potessero ingannarla, si mostrava sempre comprensiva, serena, allegra e spiritosa al momento giusto.
Ogni sua accondiscendenza era un colpo di bisturi alla sua anima, ma solo lei sapeva tutto questo.



Schiva e orgogliosa, non mostrava volentieri la sua sofferenza, la nascondeva con cura dietro quel suo sorriso aperto; soltanto un occhio attento avrebbe potuto cogliere il velo di perenne malinconia nei suoi  bellissimi occhi.
Marta non aveva mai fatto nulla per attirare l’attenzione di un uomo, ma nonostante la sua semplicità, non passava inosservata, sentiva su di sé gli sguardi di ammirazione e le sembrava quasi di percepire i loro pensieri quando attraversava la strada: “bella ma difficile”.

La sua naturale eleganza incuteva rispetto, anche se dialogava volentieri con tutti e mostrava simpatia per i più semplici.
Spesso aveva dovuto fare i conti anche con la sua intelligenza, con la sua capacità organizzativa, con la competenza nell’ambito professionale. Qualche volta si era detta che forse sarebbe stato più opportuno mostrarsi meno all’altezza del compito che le veniva affidato, per non destare la gelosia dei colleghi.
Gli uomini avevano bisogno di sentirsi sempre un passo avanti, lei lo sapeva benissimo, ma non poteva nascondere le sue capacità; qualche volta si ritraeva con una scusa banale, ma più spesso cercava di evidenziare altri aspetti positivi dei colleghi in modo da farli sentire ugualmente soddisfatti.

Marta adesso si sentiva tranquilla, si paragonava alla punta di un molo con il suo bel faro a indicare il porticciolo sicuro; la luce ammiccante attirava irresistibilmente le barchette dei suoi nuovi o vecchi "amori".
Correvano da lei per ripararsi dalla tempesta, subito pronti a riprendere il largo giurando di amarla.
Lei appena li scorgeva, sorrideva in cuor suo e si sciorinava i discorsi che le avrebbero fatto, li conosceva così bene!

Ma conosceva anche la sua capacità distruttiva, sapeva che così stava martellando il suo cuore sordo ai richiami della ragionevolezza. Picchiandolo a sangue con le sue stesse mani, finalmente avrebbe cessato di pulsarle nel petto e lei se ne sarebbe andata sorridente, silenziosa, dolce, con la discreta eleganza di sempre.

                                          Cecilia  Corona


5 commenti:

  1. utente anonimo17/5/05 13:44

    Molto bello ed intenso...scorre dolcemente!!
    persone come Marta è una fortuna conoscerle..
    ilvagabondo.splinder.com

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  2. Ogni forma di espressione è, in un certo senso, autoritratto...mi auguro, per te, che questo brano sia autobiografico solo in piccola parte.
    Grazie per labella poesia che mi hai mandato
    marina

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  3. ...
    venivo per lasciarti un saluto (ed un grazie) e mi rapisco a leggere cose... diciamo cose, dai.
    Allora grazie due volte...

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  4. mi fa rabbia.
    mi fa rabbia pensare a questo.
    pronta a dover sempre e comunque far luce a navi di tutti i tipi, di tutti i generi. e soprattutto sporche. sporche dentro.
    le carrette dei mari hanno vita breve.
    i fari restano.
    tocco di speranza finale sublime.
    notte..

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  5. grazie al trasloco da splinder a blogger i commenti sono ridotti a un numero davvero esiguo :D

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